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COCULLO - Si è ripetuta questa mattina a Cocullo tra le montagne d’Abruzzo, una delle feste religiose più sorprendenti d’Italia che vede tra i suoi protagonisti, oltre alla statua di San Domenico Abate e a migliaia di pellegrini e curiosi, un centinaio di bisce catturate nei campi intorno al paese dai “serpari”.Alla fine della Messa solenne, quando la statua di San Domenico viene portata all’esterno della chiesa, i “serpari” sistemano le serpi sulla testa e sull’aureola del Santo, formando una straordinaria acconciatura la cui origine si perde nella notte dei tempi.
Quando la preparazione è compiuta la statua, decorata da decine di serpenti, percorre in processione le strade di Cocullo. La precedono la banda e il parroco, la seguono decine di “compagnie” di fedeli. La festa, duemila anni fa, si celebrava in onore della dea Angizia.
San Domenico Abate, nato nel 951 a Foligno, non si sa molto. Predicò in Umbria, in Ciociaria, nella Marsica, morì nel 1031 a Sora. A Cocullo, oltre alla festa di maggio, lo ricordano due reliquie, un dente e un ferro della mula su cui viaggiava.
Come Angizia, San Domenico protegge dagli animali selvatici e dal mal di denti. Per questo motivo i fedeli, oltre a seguire in processione la sua statua decorata dalle serpi, suonano una campana tirando la catenella con i denti.
Il serpente più diffuso nella festa è il cervone, la più grande biscia italiana. Lungo fino a due metri, questo elegante rettile è privo di veleno ed è quindi innocuo per l’uomo. Alla fine di aprile, lento e impacciato dopo mesi di letargo, si lascia catturare facilmente. Partecipano alla festa anche la biscia dal collare (o natrìce), il saettone che in Abruzzo è soprannominato “lattarina”. E il biacco, un serpente più piccolo e più aggressivo, che morde spesso – ma sempre senza veleno – le mani dei “serpari”. Non ci sono vipere. Alla fine, tutte le serpi vengono liberate.
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