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martedì 17 novembre 2015

ARRESTATO IL BOSS DELLA CAMORRA MALLARDO, GESTIVA TRAFFICI DA SULMONA

SULMONA - Il boss della camorra Francesco Mallardo è stato arrestato, questa mattina, a Sulmona dove era sottoposto al regime di libertà vigilata. Proprio dal capoluogo peligno l’uomo continuava a gestire il “suo clan”. Ad eseguire l’arresto il personale della squadra mobile di Napoli e del commissariato di Sulmona coordinato dalla squadra mobile dell’Aquila. Il numero uno del clan criminale è stato arrestato per il delitto di cui all'art. 416 bis c.p.. Contemporaneamente sono state effettuate numerose perquisizioni locali sia a Napoli che a Sulmona,
luogo in cui il Boss era in regime di Libertà Vigilata. Le indagini sono state attivate sulla base delle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia che hanno riferito che il boss, nonostante la detenzione, continuava a dirigere il clan e venivano sviluppate con attività di intercettazioni telefoniche e ambientali, pedinamenti, servizi di osservazione e tabulati telefonici. Dal costante monitoraggio sull’uomo, effettuato dal personale della Squadra di Polizia Giudiziaria del Commissariato di Sulmona, emergeva che Mallardo svolgeva una vita normale, conduceva automezzi (nonostante non abbia la patente), fumava, gestiva tranquillamente il clan ed anche che era perfettamente consapevole di avere strumentalizzato le patologie cardiache che gli avevano permesso la libertà vigilata. Il capo clan sfruttava le patologie mediche, senza autorizzazione,  per raggiungere altre regioni ed incontrare i vertici di altri clan. Chiaramente le patologie cardiache diventavano una grossa scusa, quando, si recava presso gli uffici della Polizia. Le indagini, condotte dal personale della squadra mobile di Napoli in stretta e costante collaborazione con la squadra mobile dell’Aquila e soprattutto con il Commissariato di Sulmona, avevano preso l'avvio nel momento in cui il boss veniva ammesso alla detenzione domiciliare per motivi di salute ed emergeva che questi, non appena uscito dal carcere ed aveva ripreso le redini del clan Mallardo dando precise indicazioni agli affiliati. Uno dei primi atti compiuti dal capo clan era stato quello di vietare agli affiliati di svolgere attività di spaccio di droga nel territorio giuglianese, pena l'adozione di severi provvedimenti. Nelle conversazioni intercettate dalla Squadra Mobile di Napoli, secondo quanto riferito dal Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli e dal Gip, il Mallardo parla esplicitamente di affari del clan, di estorsioni, di reimpieghi, di pestaggi ed attentati, di pagamento degli stipendi agli affiliati, del sovvenzionamento alle famiglie degli affiliati detenuti e delle dinamiche interne ai vari gruppi operanti all'interno del clan Mallardo. Vari gli argomenti discussi in ambientale e tutti di chiaro contenuto camorristico: corresponsione delle spese legali per le difese degli affiliati e recupero crediti. Eclatanti, poi, i colloqui tra il boss e i dirigenti di altri clan che riguardano:investimenti effettuati in attività economiche;il pagamento degli stipendi agli affiliati;estorsioni; riciclaggi ed investimenti del clan; competenza territoriale del clan; gestione della cassa del clan; contrabbando di sigarette; gestione di agenzie di scommesse; nonché realizzazione di progetti di edilizia residenziale;
controllo delle attività economiche nelle zone controllate dal clan (divieto di apertura di negozi senza il benestare dei vertici camorristici); organizzazione interna al clan (ruolo delle donne);
ruolo dei parenti dei detenuti come latori di messaggi; accollo delle spese legali degli affiliati detenuti; gestione del mercato della frutta a Giugliano; rapporti con rappresentanti di altri clan;
i propositi di ritorsione nei confronti del collaboratore di giustizia Giuliano Pirozzi.
Ciò che appare evidente, dal complesso delle conversazioni intercettate e dai successivi riscontri, è il ruolo assolutamente centrale ricoperto dal clan Mallardo negli equilibri criminali dell'intera regione Campania, dati i rapporti di stretta alleanza esistenti tra lo stesso e le organizzazioni criminali vincenti operanti nel Casertano e nella città di Napoli. Proprio tali rapporti, che trovano il loro antecedente storico nell'appartenenza del clan Mallardo e  all’Alleanza di Secondigliano, hanno portato il camorrista ad assumere una posizione apicale a Napoli, confermandosi in tal modo il numero uno. La scelta di Sulmona come luogo di dimora da parte del Mallardo dopo il lungo periodo di detenzione carceraria e la successiva libertà vigilata era avvalorato dalla vicinanza logistica con Giugliano in Campania. Ma la sua presenza sul territorio sulmonese non era sfuggita alla polizia giudiziaria del Commissariato sulmonese che già due anni fa aveva segnalato alla Squadra Mobile dell’Aquila la presenza del Mallardo.

Barbara Delle Monache